Associazioni non riconosciute – La responsabilità del Presidente

Relativamente alla giurisprudenza avente ad oggetto le associazioni non riconosciute, viene sancita la responsabilità personale e solidale delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17.06.2015, n. 12473, aveva evidenziato come la previsione di una responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, è volta a contemperare l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente, con le esigenze di tutela dei creditori (che abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio di dette persone), e trascende, pertanto, la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale, ricollegandosi piuttosto a una concreta ingerenza dell’agente nell’attività dell’ente (Cass. 5746/2007).

Ne consegue, dunque, che chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (Cass. 26290/2007, 25748/2008). Questo principio, in riferimento alla responsabilità solidale art. 38 C.C. di coloro che agiscono in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta, ponendo in essere, a prescindere dalla rappresentanza formale dell’ente, la concreta attività negoziale riferibile all’associazione stessa, è stato ritenuto dalla Suprema Corte applicabile anche ai debiti di natura tributaria (Cass. 16344/2008, 19486/2009).

Contanti e stipendio dei lavoratori

Con le modifiche introdotte dalla la legge di Bilancio 2018, dal 1.07.2018 non sarà più possibile per il datore di lavoro pagare in contanti gli stipendi.

La ratio del provvedimento è quella di contrastare forme elusive dei rapporti di lavoro

A decorrere dalla predetta data, gli unici strumenti di pagamento ammessi saranno: bonifico su conto corrente con codice IBAN indicato dal lavoratore; altri strumenti per i pagamenti elettronici; pagamento in contanti direttamente in banca o alla posta (qualora il datore di lavoro avesse aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento); tramite assegno bancario o circolare, consegnato al lavoratore o a un suo delegato.

Il divieto di contanti è valido per tutti i rapporti di lavoro subordinato, sia a tempo indeterminato che determinato, a tempo pieno e part-time, apprendistato, soci lavoratori di cooperative con contratti subordinati, contratti a chiamata, job sharing e per tutte le altre forme di lavoro flessibile (anche co.co.co).

La normativa non è applicabile nella Pubblica Amministrazione e nei rapporti di lavoro domestici come colf e badanti.

La sanzione amministrativa applicabile al datore di lavoro che eluderà la normativa, avrà un importo variabile da € 1.000 a € 5.000, in relazione agli specifici casi.

Bonus Verde 2018

Tra le novità previste dalla Legge di Bilancio 2018 (art. 1, commi da 12 a 15 ) è prevista una nuova detrazione IRPEF (cd. “bonus verde”) a tutti i contribuenti che possiedono o detengono un immobile ad uso abitativo.

Grazie al “Bonus verde ” viene disposta una detrazione al 36% per le opere realizzate fino a 5.000 euro di spesa sostenuta.

Con  la disposizione inserita nella Legge di Bilancio 2018, il legislatore mira alla sistemazione del “verde” in ambito privato. Dal 2018, infatti, le singole unità immobiliari ad uso abitativo e le parti comuni esterne degli edifici condominiali hanno un potenziale plafond di spesa di 5.000 euro, per la realizzazione di opere tese al miglioramento dell’area verde.

La percentuale del 36 per cento viene calcolata sulle spese sostenute (fino ad un massimo di 5.000 euro per unità) per interventi relativi alla “sistemazione a verde” di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi; realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili; progettazione e manutenzione connessa all’esecuzione degli interventi.

Le spese, sostenute nel 2018, devono essere certificate da pagamenti tracciabili (bancomat, bonifico, carte di credito, ecc.) e vanno ripartite su dieci annualità.

Sistemi informatici ed evasione fiscale

La circolare operativa n. 01/2018 diramata dalla Guardia di Finanza sui controlli e accertamenti volti all’individuazione di possibile evasione fiscale da parte del contribuente, prevede la ricerca e l’estrazione di documenti informatici nel corso delle attività di ispezione e verifica fiscale, atta alla verifica della presenza di indizi di evasione anche nel cloud, nei tablet, negli smartphone, nei client di posta elettronica e nelle applicazioni di messaggistica e chat utilizzate dal contribuente sottoposto a verifica fiscale.

La nuova guida operativa ai controlli fiscali prende dunque atto dell’importanza di procedere all’acquisizione di tutti gli elementi e le informazioni rilevanti ai fini della verifica, che i contribuenti che adottano sistemi digitali complessi potrebbero aver archiviato o nascosto all’interno di strumentazioni informatiche di ultima generazione. A tal fine, all’interno dei reparti operativi sono state formate e selezionate apposite figure di personale qualificato sotto l’acronimo CFDA (Computer Forensics e Data Analysis). Questi soggetti verranno impiegati in tutte le operazioni di verifica aventi ad oggetto sistemi informatici avanzati e complessi di protezione e archiviazione dei dati.

Nel documento le verifiche di questo tipo sono state suddivise in due distinte tipologie, sulla base dello funzione dello stato di funzionamento dei dispositivi informatici oggetto di analisi: static analysis e live analysis. Le prime sono quelle che vengono effettuate quando l’acquisizione dei dati deve essere eseguita su dispositivi informatici spenti (c.d. post mortem), mentre le seconde (live analysis), riguardano sistemi informatici attivi per i quali i dati andrebbero perduti spegnendo il dispositivo (RAM, chiavi di cifratura contenute nella memoria temporanea, server, cloud storage, ecc.).

Sulla casistica potenziale degli scenari di verifica sui sistemi informatici di una certa complessità, il nuovo manuale operativo delle fiamme gialle fornisce una serie di esempi tipici e casi concreti. Tutte le operazioni effettuate dai militari operanti inoltre, dovranno essere attentamente documentate e verbalizzate in modo chiaro e preciso, per poter consentire a chiunque di ripetere le medesime analisi che, laddove correttamente eseguite, forniranno i medesimi risultati.

In merito alla problematica che potrebbe sorgere dall’applicazione della normativa privacy, la circolare n. 1/2018 ricorda che la Cassazione (sentenza 30.08.2016, n. 17420) ha legittimato questo tipo di ricerche confermando la valenza probatoria dei files in tal modo acquisiti.

Erogazioni liberali a ETS

A partire dal 01/01/2018 Onlus, Organizzazioni di Volontariato (Odv) e Associazioni di Promozione Sociale (Aps) possono già definirsi enti del terzo settore (ETS) e godranno pertanto delle agevolazioni fiscali previste per gli ETS, anche se non è ancora operativo il nuovo Registro unico. Onlus, Organizzazioni di Volontariato (Odv) e Associazioni di Promozione Sociale (Aps) possono già definirsi enti del terzo settore (ETS).

Con il D.Lgs. 117/2017, entreranno in vigore una serie di disposizioni fiscali agevolative tra cui la non assoggettabilità all’imposta sulle successioni e donazioni e alle imposte ipotecarie e catastali per i trasferimenti a titolo gratuito a favore degli ETS, comprese le cooperative sociali. L’unico vincolo è che i beni e i diritti oggetto del trasferimento siano utilizzati in via esclusiva per lo svolgimento delle attività di interesse generale. Agli atti costitutivi e alle modifiche statutarie, comprese le operazioni di fusione, scissione e trasformazione poste in essere dagli ETS, le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa, così come per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento a favore di tutti gli ETS a condizione che i beni siano direttamente utilizzati per scopi sociali; è altresì prevista l’esenzione dell’imposta di bollo per atti e ogni documento in genere richiesto o posto in essere dai suddetti Enti.

Anche per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del terzo settore dal 01/01/2018 è prevista una detrazione pari al 30%, che sale al 35% qualora l’erogazione liberale in denaro tracciabile sia a favore di organizzazioni di volontariato, per un importo massimo di euro 30.000,00. Le liberalità in denaro o in natura erogate a favore di ETS, da persone fisiche, enti e società sono deducibili dal reddito complessivo netto del soggetto erogatore nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato con eliminazione del limite di 70.000 euro attualmente previsto. I redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle ODV e delle APS saranno esenti dall’imposta sul reddito delle società.

Viene istituito un credito d’imposta pari al 65% delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche (50% se effettuate da enti o società) in favore degli ETS che hanno presentato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata assegnati agli ETS e da questi utilizzati esclusivamente per lo svolgimento di attività di interesse generale con modalità non commerciali. Tale credito è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15% del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui.

Il credito d’imposta sarà ripartito in 3 quote annuali di pari importo.

 

Acconti di novembre – Considerazioni e problematiche

Il termine per l’effettuazione del versamento della seconda o unica rata d’acconto IRPEF/IRES dovuta per il 2017 è il 30 novembre p.v.

La misura dell’acconto IRPEF è fissata al 100 per cento dell’importo indicato alla voce “differenza” del Modello Redditi ed il versamento deve essere effettuato:

  • In unica soluzione, entro il 30 novembre di ciascun anno, se l’importo dovuto è inferiore a euro 257,52;
  • In due rate, se l’importo dovuto è pari o superiore ad euro 257,52 (di cui la prima, nella misura del 40 per cento, entro i termini previsti per l’acconto IRPEF; la seconda, nella restante misura del 60 per cento, entro il 30 novembre).

Non è ammesso il pagamento rateale della rata d’acconto di novembre. L’acconto non è dovuto se l’importo della voce “differenza” non è stato superiore a 51,65 euro.

Anche per le persone giuridiche scade il termine per il versamento dell’acconto di novembre. In particolare per i soggetti all’IRES, scade il termine per il versamento della seconda o unica rata degli acconti di imposta.

L’acconto si applica nella misura del 100 per cento dell’imposta relativa al periodo d’imposta precedente, al netto di detrazioni, crediti e ritenute, ed è versato in due rate salvo che il versamento della prima rata non superi euro 103.
L’acconto non è dovuto se l’imposta relativa al periodo d’imposta precedente al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute d’acconto è di ammontare non superiore a 20,66 euro.

Il termine di versamento delle rate è:

  • Per la prima, pari al 40 per cento dell’importo dovuto, entro il termine di versamento delle imposte a saldo;
  • Per la seconda, relativa all’importo residuo, entro il termine dell’undicesimo mese del periodo di imposta.
    Non è ammesso il pagamento rateale della rata d’acconto di novembre.

L’acconto previsionale – Si evidenzia che il contribuente ha facoltà di calcolare l’acconto su base previsionale (tenendo conto del reddito imponibile o del valore della produzione previsti per l’anno in corso) anziché su base storica (vale a dire con riferimento ai dati indicati nella dichiarazione dei redditi od IRAP per l’anno precedente).

Acconto con il regime di cassa: il metodo previsionale può avere convenienza. Per le imprese che adottano il nuovo regime di cassa di cui all’art. 66, del DPR 917/86, vi può essere maggiore convenienza ad applicare il metodo previsionale.
Il caso classico è rappresentato dalle imprese che effettuano cessioni di beni. Infatti, tali soggetti dovranno tenere conto della regola secondo cui le rimanenze finali al 31 dicembre 2016, devono essere considerate interamente in deduzione come costo all’inizio del successivo anno 2017.

Le medesime rimanenze non assumeranno, invece, alcun rilievo al 31 dicembre 2017. In sostanza, ai fini della determinazione del reddito relativo a tale periodo di imposta, durante il quale ha trovato applicazione per la prima volta il principio di cassa per le imprese, dovranno essere posti a confronto:
1. il costo delle merci acquistate nell’anno;
2. il costo delle merci già in magazzino al termine dell’anno precedente;
3. i ricavi dell’anno tenendo esclusivamente in considerazione le somme effettivamente incassate.
Nella maggior parte dei casi, la deduzione delle rimanenze esistenti all’inizio del periodo di imposta in un’unica soluzione darà luogo ad un risultato di esercizio negativo.

In tale ipotesi risulterà estremamente conveniente determinare gli importi dovuti a titolo di acconto non in base al precedente periodo di imposta, quindi secondo il metodo storico, ma considerando la perdita prevista relativa al successivo periodo di imposta 2017.
In questi casi, infatti, gli acconti potrebbero anche azzerarsi completamente.

La riforma del Terzo Settore

A seguito dell’approvazione della legge delega 106/2016 per la riforma del Terzo Settore, il 03.07.2017 è entrato in vigore il Codice del Terzo Settore.

Con il riordino effettuato, vengono abrogate diverse normative: quella sul volontariato (266/1991), quella sulle associazioni di promozione sociale (383/2000), oltre che buona parte della “legge sulle Onlus” (460/1997).

Inoltre, vengono raggruppate in un solo testo tutte le tipologie di quelli che ora si dovranno chiamare Enti del Terzo settore (Ets): organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, imprese sociali (incluse le cooperative sociali), enti filantropici, reti associative, società di mutuo soccorso, altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società).

Gli Ets dovranno iscriversi al Registro unico nazionale del Terzo settore che sostituirà i vari elenchi oggi esistenti e che avrà sede presso il Ministero delle Politiche Sociali, ma sarà gestito e aggiornato a livello regionale. Viene inoltre costituito, presso lo stesso Ministero, il Consiglio nazionale del Terzo settore, nuovo organismo di una trentina di componenti (senza alcun compenso) che sarà tra l’altro l’organo consultivo per l’armonizzazione legislativa dell’intera materia.

Infine, vengono definite in un unico elenco le “attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” che “in via esclusiva o principale” sono esercitate dagli Ets.

Un elenco aggiornabile che riordina appunto le attività consuete del non profit (dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente) e ne aggiunge alcune emerse negli ultimi anni (housing, agricoltura sociale, legalità, commercio equo, ecc.).

Gli Ets saranno tenuti al rispetto di vari obblighi (riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, i rapporti di lavoro e i relativi stipendi, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili), ma potranno accedere anche a una serie di esenzioni e vantaggi economici (circa 200 milioni nei prossimi tre anni).

L’affitto in nero ai clandestini

Secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione, affittare gli immobili ad immigrati clandestini integra il reato di favoreggiamento dell’immigrazione.

Nel caso specifico (Sentenza n.32391/17), il proprietario di un appartamento aveva concesso (senza registrare il contratto) l’alloggio ad un cittadino irregolare ad un canone di 700 euro mensili.

L’ingiusto profitto, secondo la Cassazione, può essere desunto da condizioni contrattuali oggettivamente più vantaggiose per l’agente, ma che non devono necessariamente tradursi in uno scambio (casa contro affitto) eccessivamente gravoso per lo straniero. In altre parole è possibile punire anche un locatore che applica un prezzo di mercato equo, ma che, per il fatto di non avere siglato e registrato un regolare contratto di locazione, ottenga ingiusto profitto dalla possibilità di evadere fiscalmente, incassando il canone senza assoggettarlo a imposte.

Pertanto, afferma la Corte, non risulta necessario che il profitto abbia anche la sua esclusiva causa nello sfruttamento di tale condizione ad esclusivo vantaggio del contraente più forte in grado di imporre condizioni gravose ed esorbitanti, ma è sufficiente che la illegalità della condizione della persona straniera abbia reso possibile, o anche solo agevolato, la conclusione del contratto  a condizioni oggettivamente più vantaggiose per la parte più forte, condizioni che non necessariamente si devono tradurre in un sinallagma eccessivamente gravoso per il soggetto clandestino.

Già il giudice di primo grado aveva sottolineato l’esistenza di contratti relativi ad un periodo limitato e mai registrati, riportanti un canone di circa la metà di quanto realmente corrisposto dallo straniero, oltre all’impossibilità di registrare i contratti in presenza dell’irregolarità del conduttore che effettivamente lo utilizzava. Tutto questo rendeva evidente la precarietà del rapporto in sfavore dello straniero, con ingiusta prevalenza del potere di disposizione del proprietario, oltre al conseguimento, da parte di quest’ultimo, dell’ingiusto profitto del corrispettivo ricevuto e non sottoposto a prelievo fiscale.

La sentenza d’appello, invece, aveva assolto il proprietario, perché mancava la prova del dolo specifico di voler trarre profitto dalla clandestinità dell’inquilino.

 

Il patto di non concorrenza

Il patto di non concorrenza è un accordo mediante il quale il datore di lavoro può tutelarsi da un’eventuale futura attività di concorrenza da parte dell’ex dipendente.

Il patto di non concorrenza può anche essere sottoscritto contestualmente al contratto di lavoro, in ogni caso i suoi effetti decorreranno successivamente all’estinzione del rapporto di lavoro in quanto, precedentemente, il lavoratore è tenuto al dovere di fedeltà verso il datore di lavoro.

Il contratto inerente il patto di non concorrenza, pena nullità dello stesso, deve essere redatto per iscritto.

Non assumono dunque alcun rilievo gli eventuali accordi conclusi in forma soltanto verbale.

È necessario che il patto preveda un compenso volto a remunerare la limitazione apposta alla legittima possibilità del lavoratore di utilizzare le proprie capacità professionali.

L’oggetto del patto coincide di solito con l’ambito dell’attività produttiva svolta dall’impresa datore di lavoro, non dovendo essere limitato soltanto alle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore.

La disciplina prevista dal Codice Civile prevede la durata massima di cinque anni per i dirigenti e di tre anni per gli altri lavoratori subordinati. Tale limite non è derogabile dalla volontà delle parti.

Qualora il patto preveda una durata maggiore, essa si riduce automaticamente al limite massimo previsto dalla norma.

 

Le novità in materia di visite fiscali

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 200 di lunedì 28 agosto è stato pubblicato il decreto con cui il Mef ha ripartito tra le Regioni circa 17,5 milioni a copertura delle visite fiscali svolte dalle Asl sulle assenze per malattia nella Pa.

Questo sistema operativo sarà presto superato con l’istituzione del nuovo Polo unico per le visite fiscali gestito dall’Inps, attivo da venerdì 1° settembre p.v. e in base al quale le verifiche sulle assenze per malattia potranno essere condotte in modo sistematico e ripetitivo anche a ridosso delle giornate festive e di riposo.

Con l’introduzione del nuovo sistema di controllo, lo Stato mira ad un più rigido controllo sugli assenteisti,  sia dipendenti privati, sia pubblici.

A sostegno del provvedimento ci sono anche i recenti dati verificati dall’istituto previdenziale, secondo cui le giornate a rischio assenteismo sono statisticamente quelle vicine ai fine settimana, come i venerdì e i lunedì, o ad altre festività. In quest’ottica la possibilità di esercitare controlli a ripetizione in prossimità dei week-end e dei ponti dovrebbe disincentivare i comportamenti di coloro i quali pensino che dopo la prima visita si resterebbe esentati da ulteriori controlli.

Passando alle fasce orarie di reperibilità, in attesa di un decreto ministeriale di armonizzazione, dovrebbero restare le attuali almeno nella fase sperimentale del Polo unico, ossia ore 10-12 e 17-19 per il settore privato e ore 9-13 e 15-18 per quello pubblico. Di sicuro, da quel che è filtrato finora, per i dipendenti pubblici le finestre non saranno accorciate.

Il decreto in preparazione si accompagna alle linee guida che saranno anche alla base della convenzione tra i medici fiscali e l’Inps. L’atto di indirizzo punta a una distribuzione territoriale dei medici più efficiente, in modo da aumentare anche il numero dei controlli.