La rinuncia alla proprietà

Con il perdurare della crisi economica attualmente in atto sono in aumento situazioni di rinuncia formale a beni o diritti, su cui diventa sempre meno sostenibile adempiere agli oneri di pressione fiscale; in particolare è in crescita il fenomeno di dismissione da parte dei proprietari di immobili o fabbricati di scarso valore e/o non più altrimenti gestibili.

In tutti questi casi, l’unica soluzione al problema sembra essere la rinuncia al diritto di proprietà, attuata con un atto notarile.

Con questo atto il proprietario si spoglia di ogni suo diritto sull’immobile e da quel momento non ha più niente a che fare con esso, né sotto il profilo fiscale né sotto quello della responsabilità.

La rinuncia alla proprietà libera il rinunziante dalle spese successive all’atto notarile e l’art. 827 del Codice Civile stabilisce che i beni immobili che non sono più di alcuno spettano al patrimonio dello Stato.

In relazione agli effetti giuridici della rinuncia, occorre distinguere se la stessa ha per oggetto una quota parziale oppure l’intera proprietà.

In caso di rinuncia a una quota di comproprietà, la dottrina prevalente è concorde nel ritenere che si accrescano proporzionalmente le quote degli altri comproprietari.

In caso di rinuncia alla proprietà dell’intero bene, invece, la legge stabilisce che la proprietà sia acquisita dallo Stato automaticamente, senza bisogno di un’accettazione.